È un progetto di straordinaria portata e supera di gran lunga altri interventi storici, come il Piano Marshall. La Belt & Road Initiative (BRI), ovvero la strategia lanciata dalla Cina per la crescita commerciale, che crea una nuova Via della Seta tra l’Estremo Oriente e l’Europa, valorizzando, tra l’altro, le rotte e i porti del Mediterraneo, fa impallidire il programma di ripresa europeo creato negli anni quaranta da George Marshall. Bart Kuipers, esperto di economia portuale e professore a Rotterdam, ricorda che il valore del progetto statunitense era pari a 100 miliardi (dollari 2016).
Mille miliardi di investimenti
Niente a che vedere con la BRI che, secondo le stime di Srm, centro ricerche che fa capo a Intesa Sanpaolo, attiverà tra i 1.000 e i 1.400 miliardi di dollari in investimenti infrastrutturali per realizzare e potenziare opere marittime, stradali, aeroportuali e ferroviarie, con il coinvolgimento di un numero di Paesi compreso tra 60 e 100. Finora, nella sola area Mena (Medio Oriente – Nord Africa), si sono registrati progetti portuali e aeroportuali per un valore di 27 miliardi di dollari. «La Cina – dice Massimo Deandreis, direttore generale di Srm – è passata da un interscambio con l’area Mena di 20 miliardi di dollari nel 2001 a 245 miliardi nel 2016». In particolare, nel Mediterraneo e nel Nord Europa, tra maggio 2015 e giugno 2017, la Cina ha investito oltre 3,1 miliardi in otto porti (Haifa, Ashdod, Ambarli, Pireo, Rotterdam, Vado Ligure, Bilbao e Valencia). euro (3,7 miliardi di dollari). E, per quanto riguarda l’Italia, sono interessati al progetto soprattutto i porti di Genova-Savona e Trieste, indicati come punti di arrivo privilegiati per i traffici dalla Cina al Mediterraneo, via Suez.
I dubbi dell’Europa
Eppure, nonostante il peso economico, infrastrutturale e politico del progetto lanciato dal presidente cinese Xi Jinping, l’Europa ha reagito freddamente alla proposta della Cina. Paolo Signorini, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale (Genova e Savona), ricorda che la Commissione Ue «ha espresso dubbi sul progetto BRI, obiettando, in primo luogo, che la strategia di penetrazione cinese deve, per ottenere il favore dell’UE, essere coerente con i progetti europei relativi alle infrastrutture dei trasporti. Bruxelles si è interrogata anche sul rispetto da parte della Cina degli standard europei, in campi come la sicurezza sul lavoro e le condizioni dei lavoratori». Non è un caso, sottolinea Signorini, «che il nostro primo ministro, Paolo Gentiloniè stato l’unico primo ministro del G7 presente lo scorso maggio al Belt and Road Forum per la cooperazione internazionale a Pechino.”